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284 | daniele cortis |
«Egli non mi aspetta, ma mi sono intesa con la sua padrona di casa. M’ha detto che di solito viene a casa un po’ dopo le sette. Io non mi muovo se non gli ho parlato.
«Oh Signore, quella bestia! Chi sa che scena ti fa! E noi, Elena quando si va via?
«Non so, secondo si sentirà Daniele, domani posdomani.
«Perchè l’altro dì, dopo che lasciai te al museo Tiberino, ho visto da Noci delle poltroncine che sono una bellezza, e vorrei sceglierne due, una per città e una per Passo di Rovese. Avrei bisogno anche d’un servizio da thè per campagna, ma non ho danari.
Elena che stava per pigliar congedo da sua madre con un bacio, sentì gelarsi tutta la sua tenerezza, rimase lì un momento, impietrita.
«Sarà anche ora di pranzo, adesso» osservò la contessa. «Devono essere le sei e mezzo passate.
«Alle sette mi devo trovar là» disse Elena asciutta. «Addio.
«E pranzare?
Elena non rispose, non l’udì forse nemmeno. Era già uscita; e, rispondendo al saluto umile d’una cameriera, pensava che colei aveva probabilmente un cuore meno volgare di quello della contessa Carrè.