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272 | daniele cortis |
gravi. Non si tratta più dell’affare con la Banca; si tratta d’un’altra tempesta di debiti d’ogni natura che non si possono più tener nascosti. Pare che sarà un grande scandalo. Clenezzi poi diceva un’altra cosa.
«Che cosa?
«Che il suo contegno fa paura.
La voce d’Elena tremava nel proferir queste parole; un pallore mortale le scolorava il viso. Lao non capì.
«Paura di che? diss’egli.
«Di qualche estrema...
Elena non potè compier la frase perchè Lao la interruppe gittando le braccia in aria.
«Ma che il cielo lo illumini!» gridò. «Ma che si tiri una cannonata nella testa che non avrà mai fatto una più bella cosa in vita sua!
Gli occhi d’Elena sfavillarono.
«Invece bisogna aiutarlo» diss’ella. «Subito! E io e tu lo aiuteremo.
Afferrò, così dicendo, un braccio dello zio con l’energia d’un’esaltata.
«Va là» disse lo zio alzandosi e scuotendo via quella mano. «Va là, va via, va di sopra, va là, sveglia tua madre, vestila, non seccarmi. Santo Dio, ho fatto un viaggio di dieci ore, potresti anche lasciar che mi lavassi, che mi mutassi! Insomma, va là, va via.
«Vado, zio, ma lo aiuteremo» rispose Elena risolutamente, stando in piedi.
Egli le cinse la vita con un braccio, e le disse con affettuosa mansuetudine, spingendola verso l’uscio:
«Va là, ti dico, va via, cara, va dalla mamma,