Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
un intervento | 269 |
e ripetendo «parla, parla», perchè Elena credeva allora dover interrompere il suo racconto.
Ella gli venne narrando in fretta che la zia Cortis era capitata alla Camera quasi subito dopo il caso e aveva fatto una mezza scena perchè la non si era mandata ad avvertire sull’atto. Avrebbe preteso di rimaner sola presso suo figlio. Per fatalità Daniele tornava sempre nel delirio alla politica e alla madre, ne parlava nel modo più penoso per lei e per gli altri presenti. Allora ella si metteva a singhiozzare e a discorrere senza posa, rivolgendosi ora all’ammalato stesso, ora agli altri, per dire ch’era tutto effetto della malattia, che suo figlio l’amava teneramente, che non era vero questo, che non era vero quello. Insomma i medici le consigliarono, per ogni buona ragione, di lasciarsi vedere il meno possibile dall’ammalato. Ella non volle saperne, anzi studiava di adoperarsi attorno al suo letto nel modo più visibile. Elena non fece maggior commento allo zelo di sua zia che di questo significante aggettivo. Ell’avea trovato giusto di secondarla nelle sue premure materne, benchè l’opera di lei fosse ben poco utile e le chiacchiere ben poco tollerabili. Ma poi la sera del 26, quando il delirio acuto era cessato, Daniele, vedendo tornar sua madre da una breve assenza, s’era fatto scuro scuro, l’aveva rimproverata acerbamente di lasciar la casa in abbandono per venire dove non c’era affatto bisogno di lei. Elena s’era provata di chetarlo, ma inutilmente; il suo esaltamento cresceva sempre più, e stavolta i medici avean dovuto richiedere che la signora Cortis uscisse dalla camera e non vi mettesse più piede per qualche tempo. La zia era uscita fremendo e aveva atteso Elena nel-