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«È giù, però, Daniele» disse la contessa Tarquinia. «Pare un vecchio. No?

L’altra non rispose.

Qualcuno fece «sss!» perchè il presidente leggeva qualche cosa che richiamava l’attenzione della Camera. Nella tribuna tutti tendevan l’orecchio.

«Dimissioni» disse uno, poi che il presidente ebbe finito di leggere.

«Di chi?

Il nome non si è capito, ma Cortis non è certo. Zitto, zitto! Un deputato ha chiesto di parlare. Chi è? È questo; no, è quest’altro. È C. che propone non sieno accettate le dimissioni e si accordi all’onorevole P. un mese di congedo. Nelle tribune si mormora, si dice: «La solita commedia.» S’alza un secondo deputato, poi un terzo, poi un quarto. Tutti suonano la stessa musica. La proposta è messa ai voti, la Camera approva. Allora Cortis si alza e dice con voce malferma quello che riferiscono gli atti della Camera.

Cortis. Domando la parola.

Presidente. Su che?

Cortis. Per una dichiarazione. Siccome poi non voglio riuscir molesto alla Camera che ha una legittima impazienza di udire l’on. Magliani, prego l’onorevole presidente di volermi riservare la parola a subito dopo l’esposizione finanziaria.

Presidente. Sta bene.

Durante lo scambio di queste parole, Elena non aveva battuto palpebra.

«Manco male» disse sua madre «sentiremo Magliani e poi andremo via. Hai udito che voce aveva Daniele? Non sta bene quel ragazzo.