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a passi difficili 209


venisse dal Governo, apponendovi la condizione di uscire volontariamente dal Senato; non vi era altra via da tentare. Di Santa Giulia vantava grandi benemerenze presso la sinistra; forse crederebbe. Non v’era altra via.

Il senatore era fuori. Cortis gli scrisse sopra un biglietto di visita, invitandolo a recarsi da lui l’indomani, sabato, a mezzogiorno «per affari urgentissimi.» Chiese poi alla fantesca che gli aveva aperto se il senatore avrebbe sicuramente rincasato prima dell’indomani. Colei credeva che sì; ma il signor senatore era diventato tanto strano! Faceva con lei tali discorsi che proprio non ci sarebbe da stupire se un giorno o l’altro succedesse una disgrazia. Doveva avere di gran fastidi, povero signore! La donna, una chiacchierina toscana, avrebbe continuato Dio sa quanto su questo tono, se Cortis le avesse dato retta. Ma a Cortis premeva ora tornare a casa. Passando da una farmacia, entrò a farsi dar qualche cosa per dormire, buttò sul banco la ricetta d’un suo collega, dicendo di desiderare una dose più forte. Soffriva da alcun tempo insonnie penose. Sprezzatore, nella sua robustezza fisica, d’ogni bisogno del corpo, sprezzatore e ignaro insieme d’ogni arte medica, non pigliava medicine mai se non per qualche sofferenza che gl’impedisse lo studio o l’azione; e allora si curava brutalmente, combattendo il solo fenomeno con gli specifici più violenti. A casa si ordinò un caffè fortissimo, salvo a prendere il cloralio la notte prima di andare a letto; poi si chiuse a lavorare nel suo studio, dove dieci o dodici sedie erano già preparate agli amici attesi per le nove di sera.