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Forse la credette il Tempio della Quiete, perchè è intelligente: forse udì il treno di Napoli fischiar da lontano nel silenzio. Lo udivo anch’io, pensavo alla Sicilia e a te, ma in modo nuovo, penetrato dalla calma delle solitudini.

Roma, città dell’anima; chi ha detto così? Io non mi ricordavo più d’avere un corpo e, sopratutto, un cavallo fra le gambe. C’è caso che ammali di misticismo miasmatico con estasi al cervello? Non sarebbe proprio la mia tendenza; però c’è dei cattivi indizi. Figurati che mi viene qualche volta l’idea di vivere nel palazzo di Settimio Severo con Tommaso da Kempis e i corvi.

Chiacchiero troppo, forse, e tu ti stanchi. Dovresti farti leggere le lettere dall’ottimo dottor Niscemi che potrebbe interromper le troppo lunghe con qualche sarà continuato. Il consiglio viene un po’ tardi per questa volta, ma pure non è da buttar via, perchè io ti scriverò ancora e presto e a lungo. Addio, cara Elena. Salutami l’eccellente dottore e abbiti una cordiale stretta di mano del

tuo aff.mo cugino
Cortis.



Al dott. Antonino Niscemi, a Cefalù

Roma, 27 gennaio 1882.

Egregio Signore,

Gratissimo a V.S. della sua lettera riservata, la prego di volermi fornire informazioni frequenti ed esatte sullo stato dell’ammalata. Se peggiora, o anche solo se non vi ha un pronto miglioramento, le con-