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voci nel buio 147


non sono ancora oratore (lo sarò!) e poi mi avevano appena detto ch’eri andata via. E poi l’atmosfera era carica di fluido idiota. Invece la offerta degli schiaffi, meno cattolica, andò benissimo, e non sarò neppure indotto in tentazione di aggiungervi una sciabolata. Del resto, io ho inteso dare una lezione o un esempio, come vuoi, per amor del prossimo: e credo aver bene operato con il senno e con la mano. Finalmente l’amico Schiro, inviatomi da tua madre, mi portò a villa Carrè bestemmiando il sole onnipotente; e io intanto ho pensato con violenza a una signora fredda come il ghiaccio. Ci siamo fermati un momento di qua dalle Rocchette, presso gli abeti che sai; di là ho fatto un viaggio sentimentale sino a un certo praticello dove quella signora colse una volta, se si ricorda, il colchino d’autunno di cui la richiesi e ch’ella si nascose in seno, opponendomi i suoi silenzi marmorei. A villa Carrè trovai mia zia molto afflitta e tuo zio adorabilmente idrofobo. Non ho potuto dargli che una stretta di mano e una pillola di chinino e non abbiamo parlato di te, benchè egli avesse male al capo e io al cuore per cagion tua. Invece me ne ha parlato molto tua madre.

Cos’hai fatto, Elena? Io non pretendo averlo perfettamente inteso dalla zia Tarquinia, che poi non lo ha inteso ella stessa, ma per quanto me ne ha detto, si tratta di un intrigo sottile e audace, ordito da te per la quiete di casa Carrè. Per la quiete d’un giorno e la continua tortura di poi. Tua madre trema per te, farebbe qualunque sacrificio per dissipare una collera che si rovescierà su te sola. Quanto a me, ti conosco meglio di tua madre e non ho paura. È un altro sentimento che freme nel mio cuore; è uno