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CAPITOLO IX.


Voci nel buio.


La contessa Tarquinia era inquietissima. Appena partita Elena, avrebbe voluto pigliar suo cognato a quattr’occhi; ma com’era possibile in mezzo a quella baraonda? E poi il conte Lao s’era dileguato subito. A mezzanotte, quando, partita la musica e spenti i lumi, la contessa rimase sola, non osò più andarlo ad assalire nella sua camera. Vi andò al mattino e lo trovò a letto con l’emicrania, nero, ringhioso da non poterlo accostare. Maledetti i lumi, maledetti gli strepiti; non sapeva niente, non aveva capito niente, non aveva dato niente, non s’era inteso di niente.

«Dunque» disse la contessa sbigottita, «lui è andato via senza danari, nè carta, nè promesse?

Il conte Lao, con tutta la sua emicrania, si rizzò di colpo a sedere sul letto, si cacciò a gridare:

«Ma sì, e così fosse andato all’inferno! E non statemi più a seccare! E andate fuori dei piedi anche voi!

La contessa scappò via, si sbattè l’uscio dietro con un colpo rabbioso.

«Oh che bestia!» diss’ella.

Elena l’aveva ingannata, dunque!

E aveva ingannato suo marito!

E s’era accordata con suo zio, certo. Adesso si capiva tutto. Era stato uno stratagemma del signor