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130 | daniele cortis |
a lor signori», e uscì dalla sala, seguito da B. e da parecchi altri amici.
«Servitor suo, servitor suo» ripeteva l’amico incognito, facendosi strada fra la gente; e venne a stringergli la mano sulla porta.
«Mi congratulo» diss’egli, un bel faccione vivace con due gran baffi bianchi. «Ella è un grand’uomo; ella non è clericale un corno, capisce; ella è religioso e religioso sono anch’io, per...! Dottor Franceschi, ai suoi comandi. E non abbia paura, che a quel b... f... di nume del collegio gliela faremo tenere!
I vicini risero. Cortis salutò e passò oltre con gli amici.
«Dunque?» diss’egli appena fuori della sala. «Io non sono niente contento. Cosa v’è parso?
«Cane» disse B. abbracciandolo, «bisogna che ti dia un bacio.
Uno alla volta l’abbracciarono tutti soffocandolo di aggettivi iperbolici.
«A me mi è piaciuto quella delle conchiglie» disse uno. «Magnifica!
«Eh, ma quella della patria» saltò su un altro, «quella della patria ch’è un monumento che si sviluppa? Cosa andate a cercare, che la è un’idea così bella, così giusta, così nuova!
«Eh, ma quella delle conchiglie, che è stato come un dire: Se brontolate, siete tante ostriche!
«E le medaglie?» esclamò un terzo. «Dove lasciate le medaglie e le vite dei santi?
«Sì, sì» disse B. «Belle le ostriche, belle le medaglie, ma il grande di questo discorso è nelle idee. Idee nuove, idee ardite, alla Bismarche! Forza e progresso! Trono, altare, forca e avanti!