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persuaso di tale dottrina; io dico che per la legge naturale coloro che hanno senso, volontà e forza si uniscono a impedire che altri bruci la casa comune.

«Giusta, giusta» dissero alcune voci.

«Ma non basta ancora, per il futuro partito, di consentire in un simile indirizzo di governo; bisogna consentire nella questione ecclesiastica e religiosa.

«Ecco» esclamò dal suo angolo l’amico incognito.

Tutti zittirono e Cortis riprese la parola in mezzo a un silenzio pieno d’elettrico.

«Io vi dico, signori, che nessun principato, nessuna repubblica scioglierà mai i problemi sociali dell’avvenire, senza la cooperazione del sentimento religioso; il quale non potrà esser dato in Italia che dalla Chiesa cattolica.

Un flutto agitò gli uditori, levò in tutta la sala sussurri, fremiti, voci che cozzavano insieme.

Cortis, puntati i pugni al banco, protese la persona in avanti come ad affrontare un urto nemico, lasciò cader quel flutto e proseguì con voce ferma e sonora:

«Pur troppo, signori, la curia di Roma e gran parte del clero cattolico hanno mostrato una così cieca avversione al nostro movimento nazionale, un tale funesto apprezzamento dei beni terreni che quando si parla in Italia di favorire il cattolicismo è facile di sentirsi rispondere come fu risposto in Africa a quel missionario che parlava di Dio onnipotente: e se ci mangia? Io ho domandato più volte a me stesso se l’attuale reazione violenta contro la Chiesa e i suoi istituti, riconducendo, col suo procedere, il clero alla povertà e all’umiltà evangelica, costringendolo allo studio e all’illibatezza, non riuscirà salutare al vero sentimento cattolico. Ma un prudente uomo di Stato