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124 | daniele cortis |
provo, signori, una vana e puerile paura; io credo che vi è in questo fermento democratico qualche lievito rubato al cristianesimo; io vedo nel mio pensiero un luminoso e possibile ideale di democrazia cristiana, molto diverso da quel dispotismo di maggioranze egoiste, avide di godimento, che minaccia le libertà moderne. Non è sulla base di aerei ideali che si può costituire un vero partito politico; non vi si cammina su, lo so bene. Ma un ideale ci vuole, esso è la forza di coloro che avversano le nostre istituzioni; e noi, quali ideali abbiamo da opporre loro? Oggi la riforma elettorale e l’abolizione del corso forzoso, domani la perequazione fondiaria e la rendita a 100.
«E non basta?» disse una voce.
«No» rispose Cortis «non basta a tenere uniti i cuori e le intelligenze, molto più con un corpo elettorale ampliato in cui il sentimento e la fantasia avranno tanto maggior potenza. E quando mi si parla di un partito nuovo il cui ideale sarebbe puramente la conservazione degli ordini sociali e politici come ora esistono, io dico ancora che ciò non basta, che questo ideale è senza grandezza e senza vita. La patria, signori, non si conserva come un vecchio monumento immobile cingendolo di puntelli e di spranghe; la patria è un essere vivente, un organismo che continuamente si sviluppa, che si conserva con il movimento ragionevole, con il giusto esercizio di tutte le sue naturali facoltà.
A queste parole pronunciate con voce veemente, vivi applausi scoppiarono nella sala.
«Io desidero» ripigliò Cortis tranquillamente «la costituzione di un partito che abbia nel pensiero il luminoso ideale di cui vi ho parlato e che espressa-