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«Eh, caro mio!» rispose B. «Eccolo.

E alzata la mano destra, con le dita aperte in aria, la girò sul polso come se una molla gli fosse scattata all’avambraccio.

«Da quella parte» proseguì «siamo in terra del tutto. Anzi ricordati che, se oggi parli, ci vuole un’allusione a questo despota che pretende fare la pluie et le beau temps nel collegio.

«Bene» disse Cortis, «adesso vi prego di lasciarmi pensare un poco.

Si cacciò in un angolo del vagone, lesse e rilesse l’atto d’accusa, poi si mise a riflettere, ora guardando dal finestrino, ora coprendosi il viso con le mani, fino a che B. gli disse:

«Ci siamo. Sono le dodici» soggiunse. «Io ho qui la carrozza e ti porto a casa mia. Là ti lascio a far colazione e vado a tastare il terreno. Al tocco vengo a prenderti e si va, coûte que coûte. Oh, guarda, quell’altro.

Mentre Cortis scendeva dal treno, il suo competitore si accomiatava, sotto la tettoia, da una folla di amici che parlavan forte e ridevano.

«Capite?» mormorò B. con una faccia sepolcrale. «Li sentite? Sono sicuri.

Qualcuno del gruppo avversario vide Cortis. Tutti si voltarono, meno l’emulo, a sbirciarlo insolentemente. Appena egli e la sua comitiva ebbero oltrepassato il cancello dell’uscita, si udirono alle spalle due o tre fischi.

«Aspettatemi qui» disse Cortis fermandosi su due piedi.

Tornò tranquillamente indietro e andò diritto verso l’altro candidato che aveva già un piede sul monta-