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emigrò per entrare nell’Accademia militare, che gli era stato raccomandato da un medico siciliano, ma che non veniva quasi mai in casa nostra, che non era un cattivo soldato, che giuocava molto, però, e non studiava punto.

«E l’hanno fatto senatore?» susurrò la signora parlando a sè stessa.

«L’hanno fatto senatore subito dopo il suo collocamento a riposo, perchè si voleva un senatore di quella provincia e lui possedeva un bel nome, un bel grado militare e molti appoggi in alto. Non sarà mica questo il suo delitto? Mio padre non m’ha detto altro. Cosa poteva dirmi?

«Niente, niente, non poteva dirti altro.

Cortis si strinse nelle spalle, tacque un poco, guardò l’ora per la seconda volta e disse:

«Vado.

Sua madre non desiderava che la finisse così liscia.

«Parti domattina colla prima, non è vero?» diss’ella. «Alle sei?

«Sì.

«Spero bene che ti fermerai qui un pezzo ancora.

«Sì, sì» rispose Cortis, distratto, cercando il suo cappello.

«Allora parleremo stasera.

Parve che queste poche parole costassero già un doloroso sforzo alla signora Cortis che piegò, nel pronunciarle, il capo sul petto e chiuse gli occhi.

Daniele si fermò prima d’uscire, a considerarla. Adesso che gli occhi falsi non si vedevano, che non si udiva la voce ingrata, sentì per un momento quanto gli avrebbe potuto essere cara. E subito un lampo nella memoria gli mostrò suo padre gi-