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«Cosa mai vi hanno scritto?» diss’egli.

Sua madre gli posò una mano sulla spalla e con l’altra si battè la fronte, dicendo:

«È scritto qui, nessuno mi ha scritto. È una cosa scritta qui.

Daniele perdette la pazienza.

«Parlate chiaro» diss’egli. «Lì non so leggere.

«S’io parlassi chiaro» sussurrò la signora Cortis mettendogli il viso addosso con tanto d’occhi spalancati e scotendo in aria l’indice della mano destra «tu proveresti un rimorso eterno di avere stretta la mano scellerata (quell’indice teso andò su su verso il cielo) di lui!

«Cosa ha fatto?» disse Daniele sorpreso.

Ella giunse le mani, mise un lungo gemito per le labbra strette, e, data una giravolta in fretta, corse via a capo basso, raccolse, presso lo scalino della porta, le sottane in due bracciate, e saltò in casa.

Daniele la seguì, ma ella, prima ancora d’essere interrogata diede in ismanie, lo supplicò di non chiederle nulla, promise che in un momento più tranquillo avrebbe parlato. Intanto lui doveva togliersi da Villascura, andar lontano, ben lontano.

«Io spero» diss’ella «che ti facciano deputato, che tu ti stabilisca a Roma. Allora ci vengo anch’io a Roma. Roma è la città dell’anima mia. Oh se potessi morire a Roma! Là ti vedrei spesso, almeno dalle tribune della Camera. Non è vero, Daniele?

«Cosa ha fatto Di Santa Giulia?» diss’egli.

«Ma, Dio!» rispose la signora. «Perchè mi vuoi tormentare? Del resto, è impossibile che tuo padre non te ne abbia mai parlato.

«Sì, so che lo ha conosciuto in Piemonte quando