miato che non venisse più al nostro monastero; il che
inteso da suor Virginia, mi disse molte ingiurie, e gridò
tanto che fece fuggire le monache ch’eran presenti, le
quai mi lasciarono sola: poi si ammalò, e stava continuamente a letto, facendosi visitare dal medico, e diceva
ch’era il veleno che le aveva fatto prender io. Stette un
pezzo a quel modo, sinchè fu per me il tempo di uscir
di priora; ed essa mi fece cassare dal priorato e privar
d’altri officii. Successe in mio luogo suor Beatrice, ed
essa suor Virginia fu fatta Vicaria; e tra loro due passava molta amicizia. Di lì a due anni, essendo morta
detta priora, ed io fatta portinara, trovai più volte aperto
di notte il catenaccio della porta grande della chiesa;
onde venni in sospetto che l’Osio entrasse di là, e susseguentemente nel monastero. Occorse una notte, che,
avendo io paura per detta voce che correva (alcune giovani
l’aveano riferita a suor Virginia che avea voluto cavar loro
gli occhi) feci venire a dormir meco suor Vittoria conversa, la qual sentendo suonare mattutino agli altri monasterii, si levò senza scarpe, e corse alla volta della chiesa,
per suonare il nostro mattutino: quando fu a mezza
scala, che la lampada er’accesa di dentro, vide che in
un tratto fu smorzata; ed uscendo una delle compagne
di suor Virginia disse a suor Vittoria che andasse ad
accendere la lampada; ed essa rispose che chi l’aveva
smorzata l’accendesse; ciò che suor Vittoria riferì a me;
e pensassimo che suor Virginia fosse in chiesa, e per
non essere vista, non essendo il suo solito, smorzasse la
lampada per potersi ritirare, e che l’Osio fosse presente
anche lui; ovvero che l’avessero accompagnato fuori, e
smorzassero la lampada perchè non fosse vista la porta
della chiesa aperta. Successivamente una sera, ch’erano le
ore quattro di notte circa, send’occorso a suor Paol’Antonia Aliprandi di uscire dal camerino, vide sotto il chiostro venire tre monache da verso la porta; onde lei ch’è