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zione apparente di capitali condanne. Tre quarti de’ fatti incriminati eran tali da chiarire in lor autori più leggerezza di spirito, e miseranda manìa che pericolosa scelleratezza: e gli è preferibilmente sull’appoggio di que’ fatti, che, nonostante la luce versata da una difesa improntata di filosofia pratica, spirante equità e buon senso, il Giudice s’indusse a condannare. Ignoranza, pregiudizii, spirito di vendetta, crudeltà, son altrettanti elementi del processo secolare e pubblico che studiammo; risonante degli urli de’ martoriati, tinto del sangue de’ giustiziati, ha suscitato nella nostr’anima un senso di raccapriccio; e appena la scimitarra del carnefice ebb’ella tagliato quel nodo gordiano, che rimovemmo il sinistro volume; lo avevano subìto sin allora come una spezie d’incubo...

Nell’altro processo si tratta di monache: tribunale ecclesiastico lo istruì, e il segreto ne fu così gelosamente serbato, che il migliore Annalista contemporaneo dovette (nonostante che fosse ecclesiastico pur egli) contentarsi, in ricordarlo, delle voci vaghe e incerte che ne corsero. Il fanatismo religioso, del qual è vezzo gratificare il secolo decimosettimo in generale, e la genìa fratesca in particolare favoreggiato ne’ suoi sfoghi dall’impenetrabil mistero alla procedura, inviperito dalla natura stessa dei delitti commessi, sepp’esso improntare le rivelazioni degli atti monzesi e milanesi d’una ingiustizia più evidente, d’una crudeltà più squisita, d’abuso di poteri più ributtanti di que’ che rivelaronci gli atti tirolesi? tutto al contrario: il processo ecclesiastico, e segreto apresi, sviluppasi, chiudesi, senza torture, senza interrogatorii suggestivi, senza confessioni estorte; i suoi procedimenti son probi, uniformi; non foga da principio, non remissione sulla fine; dappertutto un soffio latente di carità cristiana: non vi traspira smania di convincere delinquenti; sibbene brama di conoscere la verità; non al patibolo si voglion cacciar gli accusati, sibbene addurli al pentimento;