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Seicento: provvederei di annotare frasi, gerghi, proverbj, interrogati più diligentemente i mozzi di stalla
dell’Osio, i portinai di santa Margherita, i molinari del
Lambro, i vignajuoli di Velate, che la Signora, l’Osio, il
Lancillotto, il Borromeo; fatta ragione più di sigle, caratteri, formule, che delle strazianti confessioni di suor
Virginia, o dei rimorsi di suor Ottavia morente:
letterato senza coscienza, domanderei alla tavolozza i colori più vivi, alla tela i contorni più lussurianti: la santità violata del Chiostro, le sagre tenebre della Chiesa profanate mi fornirebbero sfondo acconcio all’atteggiarsi di gruppi mossi da iniqui appetiti; domandato ai candidi lini monastici rinvigorimento alla infernale espressione de’volti, chiesta al panneggiarsi delle nere tuniche vibratezza al contorcersi, o agonizzar delle membra, ritratta, in una parola, cornice di ribaldi drammi da pareti decorate di ascetiche immagini e devote rappresentazioni: il lettore conquiso dalla potenza del mio tocco forse che mi decorerebbe del titolo di buon discepolo del Grande, che seppe convertire Nostra Donna di Parigi in un vestibolo dello inferno:
sofista senza Dio, che non saprei immaginare e scrivere! da quella pallida fanciulla de’ tempi evangelici, cui Goethe evocò malediccnte il voto materno che la dannava alla verginità, sino ad Eloisa, che, ne’ ricorrenti delirii della cella, imprecava le assaggiate e perdute dolcezze d’amore, sino a questa Monaca tremenda, cui libidini c assassinii reser famosa, qual belletta non rimesterei per cavarne — il Cristianesimo, nemico della felicità del genere umano, essersi valso del monachismo a comprimere, a schiacciare ciò che nel cuore umano si accoglie di più sensitivo e vitale! —
Erudito senza cuore, letterato senza coscienza, sofista senza Dio, lieto d’essermi imbattuto in un suggetto peregrino, e che altri rese illustre a mio pro, qual’è la Monaca di Monza , poiché l’avrei vestito a modo mio ad infarcir