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monasterio acta fuerat, non tam sua sponte, sicuti eventu declaratum est, quam avaritiæ stimulis, et nota potentorum etiam sollecitudine, dum ita maritare filias elegans et grande suæ fortunæ emolumentum putant.

Monasterium, cui calamitas hæc obtigit, extra urbem est, in municipio antiquo sane et nobili, et adeo quidem ut ad formam dignationemve urbis alicujus nihil præter nomen ei desit; idque municipium jure beneficario domui ipsi unde

convento, non di sua elezione, come poscia fe’ chiaro, ma conforme al costume de’ Grandi, che, per soddisfar l’avarizia, tengono speditivo e dicevole al casato collocar le figlie a quel modo.

Il convento a cui toccò questa calamità, giace collocato in antico illustre Borgo, a cui di città non altro manca che il nome, e si trovava soggetto per titolo feudale, largito della liberalità regia in premio di non so quai servigi (1), alla


  1. Non so perchè Ripamonti accenni in questa guisa, quasi direi sprezzante, alla famiglia della Signora. Io reputo opportuno trascriver, qui sotto, la prima pagina di esposizione di fatti, con cui l’avvocato difensore della chiesa e convento di s. Dionigi in Milano, esordì nella causa intentata al quarto principe d'Ascoli, pronipote del celebre di Anton de Leyva, per conseguirne il pagamento d’un legato di 400 scudi, che questo aveva lasciato con suo testamento a quel sagro Sodalizio. « L'origine assai da noi lontana di questo insigne legato, ammirabile invero, e per la grande magnificenza di chi volle farlo, e pel lungo contrasto di chi dovette eseguirlo, richiede a nostra maggiore e più chiara notizia d’incominciarne il racconto dall’anno 1502, in cui Don Antonio de Leva, navarrese, portossi in Italia luogotenente di una banda eletta di cavalleria del zio Sanchio-Martino; ove, sotto massimamente la direzione del gran Consalvo, generale di Ferdinando il Cattolico, pei gradi tutti della milizia sagliendo, ottenne molte vittorie, e nella giornata al Parco, famosa per la prigionia di Francesco I re di Francia, ebbe non poca parte, giusta il rapporto di Alfonso Loschi, di Francesco Guicciardini e d'altri storiografi non ispregevoli. « Correndo poscia il giorno sesto di febbrajo dell'anno 1531, dall’ottavo duca di Milano Francesco II, in virtù di speciale e previa convenzione dell’invittissimo Carlo V, stabilita nella lega fatta in Bologna l’anno predetto, investito fu dell'imperiale città di Monza, e suo distretto, in ragione di feudo e con totale giurisdizione sopra tutti li dazii e pubbliche entrate di territorio si ragguardevole, oltre all’annual reddito di settemila ducatoni da sborsarsi dai regolatori del sale, mercanzia e dogana di quella metropoli. Parimenti nel giorno 18 luglio del med. anno 1531 dall’istesso Imperatore gli fu concesso il dominio della città d'Ascoli, unito all’apprezzabil titolo di principe, e ciò in segno di stima verso il sin-