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48 | ii. mesopotamia: l’argilla come memoria |
mo che il numero corrispondente si scrive nella forma “2” “0” “3”, in cui lo zero indica la mancanza di decine. Scrivere “23” sarebbe solo un errore. Molte tavolette babilonesi risultano ambigue o di difficile interpretazione proprio perché non si conosce l’uso dello zero nella scrittura dei numeri. In qualche caso è possibile risalire al valore effettivo in base al contesto.
L’annotazione sessagesimale 2;20, così come è scritta, significa 2 x 60 + 20 = 140; ignorando l’uso dello zero, può anche essere l’espressione del numero 2;0;20 e cioè 2 x 602 + 0 x 60 + 20 = 7200 + 0 + 20 = 7220.
In vari casi lo scriba risolve la complicazione lasciando uno spazio vuoto. Ad essere pignoli resta ancora un dilemma, poiché non si sa se lo spazio vuoto indica l’assenza di unità di un solo ordine o di più ordini vicini.
In alcune tavolette matematiche databili al II sec. a.C., forse copie di tavolette più antiche, gli ordini “vuoti” intermedi vengono segnalati con l’uso dei segni di separazione, con indubbi vantaggi per la comprensibilità del numero.