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16 | i. dal corpo al numero |
Fin dai primordi l’uomo acquisisce la consapevolezza della versatilità delle proprie dita in ogni aspetto della vita. Non può sfuggirgli la possibilità di usare le dita delle mani, e se necessario anche dei piedi, per rappresentare o registrare determinate quantità, e per calcolare.
Tuttora, quando vogliamo attirare l’attenzione di una persona su qualche cosa, la “indichiamo” usando appunto l’indice. La forza del legame tra il dito e l’azione è mostrata dalla radice comune del verbo e del nome del dito. Si stabilisce così un legame tra la parte del corpo, il dito, e il concetto che definisce l’azione, tanto che oggi manteniamo l’uso della parola “indicare” anche per azioni che nulla hanno a che fare con il dito in sé ma sono concettualmente analoghe all’azione primitiva di attirare l’attenzione di qualcuno su qualche cosa.
Noi per indicare due oggetti orientiamo opportunamente un dito e diciamo ad esempio: “Guarda quelle DUE case”; ricorriamo cioè al dito per indicare la direzione e alle parole per specificare la quantità. Se non disponessimo delle parole adatte e del concetto formalizzato di numero, per rappresentare la quantità dovremmo usare due dita; diversamente dovremmo indicare in successione gli oggetti di cui si tratta: il primo, il secondo...
Già nel primo tipo di azione esiste un preciso rapporto tra il dito e l’oggetto; questa relazione si amplia fino a diventare relazione di equipotenza quando usiamo più dita o più volte lo stesso dito, stabilendo una relazione “uno a uno” con gli oggetti che ci interessano per indicarne la quantità. Da queste considerazioni emerge la presenza contemporanea dell’aspetto ordinale e di quello cardinale del numero; infatti, le dita sono naturalmente “ordinate” e ancora di più lo sono le indicazioni in successione, mentre la corrispondenza uno a uno è riferibile al concetto di cardinalità di un numero.