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10 i. dal corpo al numero

con un linguaggio molto povero. La povertà delle esperienze coesiste con la povertà del linguaggio.

Oggi, per noi è facile contare, parlare di piccole quantità oppure di milioni e di miliardi con la stessa disinvoltura. I bambini imparano presto i nomi dei numeri, e contemporaneamente vi associano indicazioni quantitative; infine imparano ad esprimere i numeri sotto forma di simboli.

Ecco un piccolo episodio che ha come protagonista una bambina. Si sta a chiacchierare da un balcone all’altro:

— Silvia, quanti anni hai?

— Tre, — e apre tre dita, oppure si aiuta con l’altra mano a tener chiuse le due dita superflue.

Le diciamo che sbaglia, che deve stendere tutte le dita di una mano fuorché il pollice. Per qualche giorno continua a dire di avere tre anni mostrando quattro dita, poi riprende a indicare esattamente la sua età, senza lasciarsi fuorviare. Dunque, sa contare piccole collezioni ancor prima di andare a scuola, perché la madre glielo ha insegnato, ma soprattutto perché i numeri fanno parte ormai della nostra vita.

L’uomo primitivo invece non ha i numeri, e per inventarli deve faticare non poco.


2. Popoli “primitivi”

L’etnologo Lévi-Strauss vive un breve periodo, prima del 1940, presso i Nambikwara, una popolazione primitiva insediata nell’altopiano fra il Mato Grosso e la Bolivia.

“Gli indigeni, che vivono completamente nudi, dormono sulla nuda terra e ignorano l’uso delle coperte, siano esse di pelliccia o di tessuto” 1a. Durante la stagione delle piogge, che dura da ottobre a marzo, la temperatura può salire oltre i 40 gradi di giorno, per calare notevolmente la notte. Ma nella stagione secca,