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ne dal potere della conoscenza e dell’informazione è l’aspetto più grave dello stato di povertà nei nostri paesi, in quelli sottosviluppati, invece, essa è la causa primaria di un’umiliante miseria materiale.


6. Quale futuro?

A questo punto, il problema che si pone è riassumibile in questi termini: è necessario che gli esseri umani, nel futuro prossimo, imparino a usare correttamente la potenza di cui dispongono, cercando di governare la realtà verso una riduzione delle tensioni.

L’obiettivo può essere conseguito solo attraverso un intervento che sia nel contempo culturale e pedagogico: è necessario elaborare in tempi brevissimi, non più di alcuni decenni, una nuova cultura, che si adatti alle nuove condizioni, e diffonderla attraverso un’opera educativa immane.

Se i Sumeri hanno saputo svincolarsi dal contingente per arrivare alla nozione astratta di quantità, indipendente dagli oggetti che la compongono, noi oggi possiamo sviluppare un ragionamento che non sia più vincolato al singolo problema, ma consideri categorie di problemi raggruppabili in un unico algoritmo risolutivo. Per fare un esempio banale, possiamo dire che non ci interessa più sapere che tre più due fa cinque, ma che due numeri qualsiasi, sommati tra di loro, danno un risultato che non cambia invertendo l’ordine degli addendi.

Bisogna ricordare che furono proprio i Sumeri, alle prese con un problema abbastanza simile al nostro, a istituire le prime scuole di cui si abbia notizia certa, e questa è un’indicazione preziosa.

Inoltre, i Sumeri ebbero a disposizione per la loro opera un periodo di tempo valutabile intorno al millennio, mentre a noi sono concessi solo alcuni decen-