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208 XII. DAI PALLOTTOLIERI ALLE CALCOLATRICI

raccolti in un serbatoio nascosto, mentre le “feci” provenivano da un altro serbatoio, altrettanto nascosto, preventivamente riempito.

Per completare la presentazione della figura di Vaucanson, va detto che egli vedeva il suo lavoro come una ricerca finalizzata alla comprensione del funzionamento del corpo umano. Egli cercava di ottenere prestazioni analoghe a quelle dell’organismo mediante procedure che sapeva essere diverse ma che permettevano comunque di allargare l’intendimento del fenomeno. Si tratta di un’impostazione paragonabile ai moderni studi di intelligenza artificiale, nei quali si tenta di far simulare ai calcolatori il comportamento intelligente, anche con l’impiego di metodologie che sono diverse da quelle di cui si serve il nostro cervello.

Si può pure ricordare che Vaucanson profuse somme enormi per cercare di ottenere del caucciù, sostanza di cui si era avuta notizia, allo scopo di riprodurre nei suoi automi le arterie. Il problema da risolvere era la mancanza di un materiale elastico con cui costruire dei tubicini che simulassero le prestazioni delle arterie, in modo da poter verificare se la pulsazione che si avvertiva in quelle periferiche, ad esempio nel polso, fosse dovuta solo al battito cardiaco o anche a contrazione propria dei vasi. Era questo un problema che appassionava la medicina e la fisiologia dell’epoca.

Sul fronte del principio della autoregolazione mediante retroazione, abbiamo la ricomparsa di meccanismi che sfruttano questa possibilità nella tecnologia dei mulini a vento: gli ingegneri inglesi del XVIII secolo approntarono un meccanismo in grado di regolare l’orientamento delle pale in base alla direzione del vento.

Esso si basa sull’esistenza di una girante minore disposta posteriormente e perpendicolarmente rispetto alla girante principale; questa girante secondaria veniva mossa dal vento se questo non era orientato diret-