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XVIII attenzione! e fu il numero


Non credo possa esservi dubbio che i numeri sono nati applicati agli osservati, le dita, i sassi, e prima ancora forse gli stessi uomini, gli alberi, le capanne, ecc. assunti come singolari e come plurali, certamente come oggetti, e poi contati, dopo aver avuto successo con l’uno ed i più, i pochi ed i tanti, ecc. Non c’è dubbio perché, tanti millenni dopo, ancora lo studioso ingannato dal panconoscitivismo e panfisicalismo continuò a credere che il due si vedesse in ogni coppia di sassi o di dita, in ogni paio di uova.

Era ed è rimasto difficile liberare il mentale dall’osservativo. Il mentale, ripetiamo, non costa la fatica e lo sforzo dell’operare fisico, i suoi organi e funzionamenti non si vedono direttamente, ecc. È difficile resistere alla tentazione di “ricavare” dall’osservativo il mentale e convincersi che esso può fluire autonomo e soltanto così essere applicabile ad ogni cosa, che si troverà ad essere di volta in volta elemento o composto, parte o resto o tutto, soggetto od oggetto, causa od effetto, ecc.

Per i giochi con la trascendenza, cioè il presupposto delle cose sussistenti di per sé, richiesta dagli assoluti dell’ideologia, della religione, ecc., sarebbe stato traumatico.

Ma il processo liberatorio fu agevolato verso l’operare dell’uomo, e della futura macchina, dalla mediazione della coppia “fisico-mentale” rappresentata dalla parola, cioè dal nome dato ai numeri. La parola, infatti, non è che il prolungamento operativo fisico, che lo rende pubblico, dell’operare mentale. Come si è visto, si dirà “singolare”, cioè quel suono, quella grafia, per designare le operazioni mentali che abbiamo visto esserne costitutive. Inizialmente, fra l’altro, si trattò della scrittura, se non ideografica, almeno suggestiva: per esempio l’1, con una sbarra, /, il 2 con due, //, il 3 con tre ///, ecc.; così come la figura sulla carta aiuta le operazioni richieste dalle figure geometriche, con l’aggiunta del posto in cui vanno eseguite: il punto, poi,