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110 | vi. dal dire al fare |
C’è da considerare che il lavoro di Archimede coniuga la nobile matematica con la “vile” meccanica in modo utile per la scienza. Il suo esempio però non trova molti seguaci e la meccanica finisce per essere applicata solo in campo militare. Grazie alle armi inventate da Archimede e ad altre diavolerie, Siracusa può resistere a lungo all’assedio dei Romani: dall’alto delle mura le navi vengono colpite con massi o grossi pali, o sollevate a prua con “mani di ferro” e immerse a poppa, o tenute sospese in aria, scrollate per benino e scaraventate contro le mura.
Le lettere di Archimede dirette a Eratostene sono raccolte in un volume intitolato II Metodo. In esse l’autore spiega come è giunto a certe dimostrazioni, e non manifesta alcun imbarazzo nel dire di aver fatto ricorso a ricerche preventive di tipo “meccanico”. Così procedendo, può farsi un’idea abbastanza precisa del risultato che dovrebbe ottenere e dimostrare. Per esempio, per confrontare le aree di due figure piane, dopo averle realizzate con “carta”, le mette sulla bilancia e ne confronta i pesi.
2. Il genio di Erone
Generazioni di eruditi e di amanuensi hanno salvato il fiore della matematica antica che, purtroppo, ci è giunta solo in parte: molte opere infatti sono andate perdute. L’altra matematica, quella applicata ai casi pratici della vita, attribuita ai servi e ai mercanti, viene invece ignorata. Così sappiamo poco o nulla sui modi e sui mezzi usati per fare i calcoli. Dopo Archimede, solo Erone si dedica a conciliare teoria e pratica.
Erone di Alessandria è il tipico rappresentante di quella corrente poco nota che intende applicare la scienza a situazioni più o meno pratiche. Come i Babilonesi, egli si occupa degli aspetti pratici della geo-