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silvio ceccato | XI |
tennis giocato, il signor Guglielmi vicino di casa, ecc. Ora però essa viene adoperata per indicare l'impossibile trasferimento della cosa dall'esterno all’interno della testa ed il suo diventare, da incognita, cognita.
Poco male se si trattasse solo dell'errore semantico, ma s'instaura una spirale invischiante e traditrice. Di ogni cosa si può dire che essa si conosce o no. Ma allora, se il conoscere comporta l'esistenza della cosa fisica esterna, ogni cosa conosciuta diventerà qualcosa di fisico esterno o di derivato da esso tenendone e scartandone certe parti, cioè con l'“estrazione-astrazione”. Impossibile procedere senza un criterio. Ma che altro permetteva l'errore compiuto? E ciò che si doveva ottenere, era proprio contenuto nell'osservato od invece vi era aggiunto, di altra provenienza?! Come rispondere?
Se poi l'illusione sembra avere un certo sostegno quando la cosa nominata è un osservato, l'albero, la casa, come lo potrebbe nel caso del tempo e dello spazio, del numero, del punto, della causa e dell’effetto, del tutto e del niente? Comunque la trascendenza, cioè l'esistenza di qualcosa di esterno e di dato all'uomo prima di essere suo contenuto mentale, si diffuse, assieme al panconoscitivismo e al panfisicalismo.
Ma se certi contenuti mentali non solo non avessero alcuna provenienza dall'esterno, ed in effetti nessuno l'ha, avvenendo la collocazione spaziale e temporale dopo e non prima della loro presenza, e neppure inglobassero alcun apporto del sistema nervoso periferico, essendo il risultato del solo sistema centrale? Perché, appunto, sono tali decine e centinaia di questi costrutti puramente mentali: soggetto ed oggetto, inizio e fine, singolare e plurale, causa ed effetto, parte, resto e tutto, tempo e spazio, prima e dopo, “e”, “o”, “di”, “a”, “per”, niente, qualcosa, ecc. E nessuno penserà che in essi si trovi necessariamente un sapore, un odore, un colore, ecc. E si dovrà anche ammettere che essi si trovano adoperati con parole che li designa-