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VI. DAL DIRE AL FARE
1. La meccanica: Archita ed Archimede
Si deve forse a Platone la restrizione che ammette, in geometria, l’uso della riga e del compasso soltanto. Esistono però dei problemi che non possono essere risolti con questi soli mezzi; alcuni matematici ricorrono pertanto a schemi visivi e meccanici (Eudosso, Archita, Archimede). Platone biasima questi metodi. Secondo lui, essi corrompono la geometria e la degradano al livello del mondo sensibile. Tale geometria, applicata agli oggetti concreti e alle necessità pratiche, prende il nome di meccanica e, quale figlia illegittima ignorata dai filosofi, trova ampio sviluppo nel campo militare. La ripulsione mostrata da Platone nei confronti di questo aspetto della geometria trova spiegazione nel fatto che per lui, e per Aristotele, il lavoro manuale si addice soltanto alle classi inferiori e agli schiavi.
Archita di Taranto (nato intorno al 428 a.C.), allievo di Filolao, sfronda il pitagorismo da molti dei suoi elementi magici e religiosi. Archita è passato alla storia anche come ottimo governante e per aver inventato la vite, la puleggia e il verricello, nonché dei giocattoli, fra cui il “sonaglio di Archita” e la colomba meccanica