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2. le sfere celesti | 97 |
manifeste irregolarità nei movimenti dei pianeti mettono in scacco il suo ideale di universo perfetto. Perciò suggerisce ai suoi discepoli di continuare gli studi astronomici al fine di giungere alla costruzione di un sistema razionale di circoli e di sfere, conforme ai dogmi pitagorici.
Aristotele di Stagira (384-322) non è un matematico in senso stretto. È grandissimo come scienziato naturalista. Certamente la sua attitudine per le scienze si forma in famiglia, in quanto la professione medica del padre lo stimola al rigore e al rifiuto delle fantasie mitologiche. A ciò si aggiunge la serietà negli studi compiuti all’Accademia.
Si interessa anch’egli alla costruzione di uno schema dell’universo, rifacendosi alla dottrina pitagorica che considera il cerchio e la sfera come le più perfette figure geometriche. L’universo, secondo Aristotele, è fatto di sfere cristalline concentriche. Al centro dispone la Terra con la sua atmosfera; quindi, allontanandosi, le sfere degli elementi puri: esalazione terrestre, acqua, aria, fuoco; poi la sfera dell’etere, le sette sfere dei pianeti (Sole e Luna compresi), quella delle stelle fisse, infine la sfera che dà il movimento a tutte le altre: Primum mobile. In questo senso, in quanto racchiuso in sfere, l’universo è limitato e finito nello spazio; peraltro, Aristotele ritiene che sia illimitato nel tempo, non soggetto né a creazione né a distruzione. I dogmi delle dottrine pitagoriche e la povertà degli strumenti disponibili pongono l’astronomia di allora al di fuori di ogni ricerca sperimentale meticolosa. Per esempio, il primo a formulare l’ipotesi che nell’universo possano esistere orbite non circolari è Ticho Brahe (1546-1601). Vi perviene nel 1577 studiando l’orbita di una cometa. Questo astronomo moderno, in verità, può giovarsi di un osservatorio dotato dei migliori strumenti forniti dalla tecnica del suo tempo. Per 10 anni egli raccoglie dati e dati. Ma solo Keplero, elaborando quelle informazioni, intuisce la vera natura, el-