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A siffatte insinuazioni Barbicane non rispose nulla; forse non le conobbe, imperocchè allora assorbivanlo interamente i calcoli della sua grande intrapresa.

Quand’egli fece la sua famosa comunicazione al Gun-Club, la collera del capitano Nicholl fu portata al parosismo. V’erano misti una grandissima gelosia ed un sentimento assoluto d’impotenza! Come mai inventare qualcosa di meglio di questa Columbiad di novecento piedi! Quale corazza resisterebbe mai ad un proiettile di trentamila libbre! Nicholl a bella prima rimase attonito, annichilito, sfracellato sotto simile «colpo di cannone», poi si rialzò, e risolse di schiacciare la proposta sotto il peso de’ suoi argomenti.

E quindi assalì con molta violenza i lavori del Gun-Club; pubblicò un gran numero di lettere che i giornali non rifiutavansi di riprodurre; tentò di demolire scientificamente l’opera di Barbicane. Incominciata che ebbe la guerra, egli chiamò in suo aiuto ragioni d’ogni natura, troppo spesso speciose e di cattiva lega.

In primo luogo Barbicane fu assalito violentissimamente nelle sue cifre; Nicholl tentò di provare con A + B la falsità delle formole di lui, e lo accusò d’ignorare i primi rudimenti della balistica. Tra gli altri errori, e secondo i calcoli di Nicholl, era assolutamente impossibile d’imprimere ad un corpo qualunque una velocità di dodici mila iardi al secondo; sosteneva coll’algebra alla mano, che, anche con tale velocità, un proiettile sì pesante non potrebbe mai oltrepassare i confini dell’atmo-