Pagina:Dalla Terra alla Luna.djvu/46

46 giulio verne

torio di Cambridge fu da quelle pubblicata, comentata ed approvata senza riserva.

Alle corte, non fu più permesso, neppure al meno letterato degli Yankees, d’ignorare un solo dei fatti relativi al satellite, nè alla più ignorante delle vecchie mistress di ammettere ancora superstiziosi errori sul suo conto. La scienza li imbeveva sotto tutte le forme: essa penetrava loro dagli occhi e dalle orecchie; era impossibile d’essere un asino... in astronomia.

Fino allora molti ignoravano in qual modo si fosse potuto calcolare la distanza che separa la Luna dalla Terra. Ci fu chi profittò della circostanza per apprendere loro che tale distanza ottenevasi colla misura della parallasse della Luna. Se pareva che la parola parallasse li sorprendesse, diceva loro ch’è l’angolo formato da due linee rette condotte da ogni estremità dal raggio terrestre fino alla Luna. Se dubitavano della perfezione di questo metodo, provava loro immediatamente che non solo questa distanza media era di dugentotrentaquattro mila e trecentoquarantasette miglia (94,330 leghe), ma inoltre che gli astronomi non si sbagliavano di settanta miglia (30 leghe).

A coloro che non erano addimesticati coi movimenti della Luna, i giornali dimostravano quotidianamente ch’essa possiede due movimenti distinti, il primo detto di rotazione sopra un asse, il secondo detto di rivoluzione intorno alla Terra, che ambi si compiono in un tempo uguale, cioè ventisette giorni ed un terzo1.



  1. È la durata della rivoluzione siderale, cioè il tempo impiegato dalla Luna per far ritorno ad una stessa stella.