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246 | giulio verne |
mento degli strati atmosferici e la dispersione dell’enorme quantità di vapore prodotti dalla déflagrazione di quattrocento mila libbre di pirossilo? Tutto l’ordine naturale era stato turbato. Ciò che non sorprenderà quando si pensi che nei combattimenti navali si è sovente veduto lo stato atmosferico cambiar d’improvviso in seguito alle scariche dell’artiglieria.
L’indomani il sole alzossi sopra un orizzonte carico di dense nubi, pesante ed impenetrabile cortina gettata fra il Cielo e la Terra, e che, sventuratamente, si estese fino alle regioni delle montagne Rocciose. Fu una fatalità. Un concerto di reclami innalzossi da tutte le parti del globo. Ma la natura non ne fu guari commossa, e infatti, perciocchè gli uomini avevano disturbata l’atmosfera colla loro detonazione, dovevano subirne le conseguenze.
Nella prima giornata ognuno tentò di far penetrare lo sguardo nel velo opaco delle nubi, ma fu disturbo inutile; e tutti del resto sbagliavansi rivolgendo gli occhi al cielo, poiché, in conseguenza del diuturno movimento del globo, il proiettile, naturalmente, viaggiava allora per la linea degli antipodi.
Checchè ne sia, quando la notte venne ad avviluppare la Terra, notte impenetrabile e profonda, quando la Luna fu risalita all’orizzonte, riuscì impossibile di scorgerla: sarebbesi detto che nascondevasi a bella posta agli sguardi dei temerarj che avevano tirato su lei. Non vi furono dunque osservazioni, e i dispacci di Longs’-Peak confermarono lo sgraziato contrattempo.