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244 | giulio verne |
donne, fanciulli, tutti caddero come spiche sotto l’impeto del vento; ci fu un tumulto inesprimibile, un gran numero di persone gravemente ferite, e J. T. Maston, che imprudentemente erasi tenuto troppo innanzi, si vide respinto venti tese indietro e passò come una bomba al disopra della testa dei suoi concittadini. Per un minuto, trecentomila persone rimasero assordate, quasi colpite da stupore.
La corrente atmosferica, rovesciate le baracche e le capanne, sradicati gli alberi in un circuito di venti miglia, scacciate le carrozze della ferrovia fino a Tampa, precipitò su questa città come valanga, e distrusse un centinaio di case, tra cui la chiesa di Saint-Mary ed il nuovo edifizio della Borsa, che screpolò dal tetto alla base. Alcuni bastimenti del porto, urtati gli uni contro gli altri, colarono a fondo, e una decina di navi, ancorate nella rada, giunsero sulla costa dopo di avere spezzate le catene quasi fossero fili di cotone.
Ma la cerchia di queste devastazioni si estese ancora più lungi, oltre i confini degli Stati Uniti. L’effetto dell’urto, rinvigorito dai venti dell’ovest, fu sentito sull’Atlantico a più di trecento miglia dalle rive americane. Una tempesta fittizia, una tempesta inattesa, che l’ammiraglio Fitz-Roy non aveva potuto prevedere, si gettò sulle navi con inaudita violenza; diversi bastimenti colti da quel turbine spaventoso, senza aver il tempo di ammainare, affondarono sotto le vele, fra cui il Childe-Harold di Liverpool, dolorosa catastrofe che per parte dell’Inghilterra fu argomento delle più vive lagnanze.