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24 | giulio verne |
pochi secondi e’ fu strappato dal seggio, portato in trionfo, e dalle mani de’ fedeli colleghi passò sulle braccia di una moltitudine non meno commossa.
Nulla può sorprendere un americano. Si è ripetuto spesso che la parola impossibile non era francese; ma al certo ci fu scambio di dizionario. In America tutto è facile, tutto è semplice, e quanto alle difficoltà meccaniche sono morte prima di essere nate. Fra il piano di Barbicane e la sua esecuzione non un solo vero Yankee sarebbesi permesso d’intravedere l’apparenza di una difficoltà. Detto fatto.
La passeggiata del presidente si prolungò nella sera. Fu una vera marcia trionfale rischiarata dalle faci. Irlandesi, tedeschi, francesi, scozzesi, tutta la gente diversa di cui componesi la popolazione del Maryland, gridavano nella loro lingua materna, e i viva, i bravo frammischiavansi in un inesprimibile slancio.
Appunto come se avesse compreso che trattavasi di lei, la luna brillava allora con una serena magnificenza, facendo impallidire colla sua intensa irradiazione i fuochi circostanti. Tutti i Yankees dirigevano le pupille verso il disco scintillante; gli uni la salutavano colla mano, gli altri la chiamavano con dolci nomi, questi la misuravano collo sguardo, quelli la minacciavano colle pugna; dalle otto a mezzanotte, un ottico di Yonés Hall-street fece la sua fortuna vendendo occhiali. L’astro della notte era occhieggiato come una lady della scelta società. Gli Americani già lo trattavano con libertà da pro-