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232 | giulio verne |
due mesi soltanto; in fatto, in seguito alle ultime osservazioni degli astronomi, nessuno metteva dubbio sulla presenza di certa quantità d’acqua alla superficie della Luna. Quanto ai viveri, sarebbe stato da pazzo il credere che abitanti della Terra non troverebbero di che nutrirsi lassù. Michele Ardan non conservava alcuna incertezza su questo proposito. Se ne avesse avuto, non si sarebbe deciso a partire.
«Del resto, ei disse un giorno agli amici, non saremo completamente abbandonati dai nostri compagni della Terra... Avranno cura di non dimenticarci.
— No, certo, rispose J. T. Maston.
— Che cosa intendete dire? domandò Nicholl.
— Nulla di più semplice, rispose Ardan. Forse che la Columbiad non sarà sempre al suo posto? Ogniqualvolta la Luna si presenterà nelle condizioni favorevoli di zenit, se non di perigeo, cioè una volta all’anno presso a poco, non si potrà mandarci degli obici carichi di viveri, che noi aspetteremo a giorno fisso?
— Evviva! evviva! esclamò. J. T. Maston da uomo che aveva la sua idea preconcetta; questo si chiama parlare! Certamente, miei bravi amici, non vi dimenticheremo!
— Lo spero io! Così, come vedete, avremo regolarmente le notizie del globo, e, per conto nostro, saremmo ben goffi se non troveremo il mezzo di comunicazione coi nostri buoni amici delle Zone!»
Queste parole respiravano tale confidenza che Michele Ardan, colla sua aria decisa, la sua su-