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di movimento. Nel più comodo wagon degli Stati Uniti non sarebbero stati più comodamente.

Risolte le questioni dei viveri e dell’illuminazione, rimaneva quella dell’aria. Era evidente che l’aria rinchiusa nel proiettile non basterebbe per quattro giorni alla respirazione de’ viaggiatori: ogni uomo, infatti, consuma in un’ora circa tutto l’ossigeno contenuto in cento litri d’aria. Barbicane, i suoi due compagni e i due cani, che voleva condur seco, dovevano consumare in ventiquattro ore duemila e quattrocento litri d’ossigeno, o, in peso, circa sette libbre. Bisognava dunque rinnovare l’aria del proiettile. In qual modo? Con un processo semplicissimo: quello dei signori Reiset e Regnault, accennato da Michele Ardan durante la discussione del meeting.

È noto che l’aria componesi principalmente di ventuna parti d’ossigeno e di settantanove d’azoto. Ora, che avviene nell’atto della respirazione? Un fenomeno semplicissimo. L’uomo assorbe l’ossigeno dell’aria, eminentemente atto a mantenere la vita, e respinge l’azoto intatto. L’aria aspirata ha perduto quasi il cinque per cento del suo ossigeno, e contiene allora un volume presso a poco uguale d’acido carbonico, prodotto definitivo della combustione degli elementi del sangue per opera dell’ossigeno aspirato. Accade quindi che in un luogo chiuso, e dopo un certo tempo, tutto l’ossigeno dell’aria è surrogato dall’acido carbonico, gas essenzialmente deleterio.

La quistione riducevasi allora a ciò: essendosi conservato l’azoto intatto, 1.° riprodurre l’ossigeno