Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
210 | giulio verne |
da tramezze orizzontali, che l’urto della partenza doveva spezzare successivamente. Allora ogni strato d’acqua, dal più basso al più alto, sfuggendo da tubi scaricatori verso la parte superiore del proiettile, giungeva così a far da molla, e il disco, munito esso pure di turaccioli saldissimi, non poteva urtare la culatta inferiore che dopo lo schiacciamento successivo delle diverse tramezze. Senza dubbio i viaggiatori avrebbero sentito una scossa violenta, ma il primo urto doveva essere quasi per intero ammorzato da questa molla di grande robustezza.
È vero che tre piedi d’acqua sopra una superficie di cinquantaquattro piedi quadrati dovevano pesare quasi undicimila e cinquecento libbre; ma lo sprigionamento dei gaz accumulati della Columbiad bastava, secondo Barbicane, a vincere siffatto aumento di peso; del resto l’urto doveva scacciare tutta l’acqua in meno di un secondo, ed il proiettile avrebbe ripigliato prontamente il suo peso normale.
Ecco ciò che aveva immaginato il presidente del Gun-Club, e in qual modo egli ritenesse di aver risolto la gran questione della scossa. E però questo lavoro, ben compreso dagli ingegneri della casa Breadwill, fu eseguito a meraviglia; una volta prodotto l’effetto e scacciata l’acqua al difuori, i viaggiatori potevano sbarazzarsi facilmente delle tramezze spezzate, e togliere il disco mobile che le sosteneva al momento della partenza.
Quanto alle pareti superiori del proiettile, erano