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grazie a Dio, che ha voluto immischiarsene, non v’è più nulla da temere. Quando si dimentica il proprio odio per ingolfarsi in problemi di meccanica o sottrarre la preda ai ragni, vuol dire che quest’odio non è pericoloso per nessuno. »

E Michele Ardan raccontò al presidente la storia del capitano.

« Io vi domando quindi, diss’egli a mo’ di conchiusione, se due buone paste come voi sono fatte per rompersi scambievolmente la testa a colpi di carabina? »

C’era in tale situazione, un po’ ridicola, qualcosa di così inatteso, che Barbicane e Nicholl non sapevano troppo qual contegno tenere l’uno in faccia all’altro. Michele Ardan ben lo comprese, e risolse di arrischiare di punto in bianco la riconciliazione.

« Miei buoni amici, soggiunse disegnando colle labbra un gradevolissimo sorriso, tra voi non c’è mai stato altro che un malinteso. Nulla di più. Ebbene, per provare che tutto è finito, e poichè sieti uomini da arrischiare la pelle, accettate con franchezza la proposta che sto per farvi.

— Parlate, disse Nicholl.

— L’amico Barbicane crede che il suo proiettile andrà diritto alla Luna.

— Sì, certo, replicò il presidente.

— E l’amico Nicholl è persuaso che ricadrà sulla Terra.

— Ne sono convinto, ribattè il capitano.

— Benone! riprese Michele Ardan. Io non ho la pretesa di mettervi d’accordo; ma vi dico semplicemente: « Partite con me, e venite a vedere se resteremo per via. »