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dalla terra alla luna 17

«Da varî mesi, miei bravi colleghi, riprese Barbicane, ho chiesto a me stesso se, sempre attenendoci alla nostra specialità, noi non potremmo tentare qualche grande prova degna del secolo decimonono, e se i progressi della balistica non ci permetterebbero di dirizzarla a più alto scopo. Ho dunque cercato, lavorato, calcolato, e da’ miei studî è risultata la convinzione, che noi dobbiamo riuscire in un’impresa che potrebbe sembrare inattuabile a qualsiasi altro paese. Questo piano, elaborato a lungo, costituisce l’argomento della mia comunicazione; è degno di voi, degno del passato del Gun-Club, e non potrà mancare di far chiasso nel mondo!

— Molto chiasso! esclamò un appassionato artigliere.

— Molto chiasso nel vero senso della parola, rispose Barbicane.

— Non interrompete! ripeterono più voci.

— Vi prego dunque, egregi colleghi, ripigliò il presidente, di accordarmi tutta la vostra attenzione.»

Un fremito percorse l’assemblea: Barbicane, cavatosi il cappello dal capo con rapido gesto, continuò il suo discorso con voce pacata:

«Non v’ha alcuno tra voi, onorevoli colleghi, che non abbia veduto la luna, e tanto meno che non ne abbia udito parlare. Non vi sorprenda se qui vengo a intrattenervi dell’astro della notte; forse ci è riserbato di essere il Colombo di questo mondo sconosciuto. Comprendetemi, secondatemi con tutte le vostre forze, io vi guiderò alla sua conquista,


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