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154 | giulio verne |
muscolose, leve potenti e salde, un portamento spigliato, costituivano dell’europeo un pezzo d’uomo solidamente costrutto «meglio lavorato che fuso,» per valermi di una espressione dell’arte metallurgica.
I discepoli di Lavater e di Gratiolet avrebbero decifrato senza fatica sul cranio e sulla fisonomia di quel personaggio i segni indiscutibili della combattività, cioè del coraggio nel pericolo e della tendenza a vincere gli ostacoli; quelli della benevolenza e quelli della maravigliosità, istinti che portano certi caratteri ad accalorarsi per le cose sovrumane; ma, all’incontro, le protuberanze dell’acquisività, il bisogno di possedere e d’acquistare mancavano assolutamente.
Per completare il tipo fisico del passaggiero dell’Atlanta, convien parlare de’ suoi abiti larghi di forma; i calzoni ed il pastrano erano di tale ampiezza, che lo stesso Michele Ardan si soprannominava la morte del panno; la cravatta non la teneva annodata. Dalla camicia aperta usciva un collo robusto, ed i manichini, invariabilmente sbottonati, lasciavano sfuggir di sotto mani febbrili. Ben comprendevasi che anche ne’ giorni più duri dell’inverno ed in mezzo a’ pericoli, quell’uomo non doveva mai sentire il freddo, - nemmeno agli occhi.
Sul ponte dello steamer, fra la ressa, andava, veniva, non istava mai al posto, arando nelle sue ancore, come dicevano i marinai gesticolando, dando del tu a tutti e rosicchiandosi le unghie con nervosa avidità. Era uno di que’ bizzarri uomini