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dalla terra alla luna 137

dici giorni dopo la fusione, un’immensa colonna di fumo s’innalzava ancora nel cielo, ed il suolo bruciava i piedi in un raggio di dugento passi intorno alla vetta di Stone’s-Hill.

I giorni passarono, le settimana si succedettero l’una all’altra. Nessun mezzo per raffreddare l’immenso cilindro. Impossibile l’avvicinarsigli. Bisognava aspettare, ed i membri del Gun-Club rodevano il freno.

« Eccoci al 10 agosto, disse una mattina J. T. Maston. Quattro mesi appena ci separano dal primo dicembre! Togliere la forma interna, calibrare l’anima del pezzo, caricare la Columbiad, c’è tutto questo da fare! Non saremo pronti! Non si può neppure avvicinarsi al cannone. Ma non si raffredderà mai? La sarebbe una crudele mistificazione. »

Si tentava di calmare l’impaziente segretario senza riuscirvi. Barbicane non diceva nulla, ma il suo silenzio nascondeva una sorda irritazione. Vedersi assolutamente arrestato da un ostacolo che il tempo soltanto poteva vincere - il tempo, nemico assai terribile in molte circostanze; ed essere a discrezione di un nemico, la era dura per uomini di guerra.

Nulladimeno quotidiane osservazioni permisero di constatare un certo cambiamento nello stato del suolo. Verso il 15 agosto, i vapori proiettati erano diminuiti notevolmente d’intensità e di volume. Alcuni giorni dopo, il terreno più non mandava che una esalazione leggiera, ultimo soffio del mostro rinchiuso nel suo avello di pietra. A poco, a poco i tremiti del suolo scemarono, ed il cerchio del