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134 | giulio verne |
Prese queste disposizioni, capi ed operai aspettavano il momento stabilito con un’impazienza del tutto scevra da trepidanza; non v’era più nessuno nel recinto, ed ogni sotto-capo fonditore stava al suo posto vicino ai buchi di scolo.
Barbicane e i suoi colleghi, da un’altura vicina, assistevano comodamente all’operazione. Dinanzi a loro un cannone era pronto a far foco ad un cenno dell’ingegnere.
Alcuni minuti innanzi mezzodì, le prime goccie di metallo cominciarono a scorrere, i bacini si riempirono a poco a poco, ed allorchè il ferro fu interamente liquido, lo si tenne in riposo qualche istante per facilitare la separazione delle sostanze straniere.
Il mezzogiorno suonò. D’improvviso rintuonò un colpo di cannone e lampeggiò nell’aria. Milleduecento bocche di scolo si apersero contemporaneamente, e mille e dugento serpenti di fuoco strisciarono verso il pozzo centrale, svolgendo i loro anelli incandescenti. Quivi dentro precipitaronsi con ispaventevole rumore, ad una profondità di novecento piedi. Era uno spettacolo commovente e magnifico. Il suolo traballava, mentre quelle onde di ferro, lanciando verso il cielo turbini di fumo, volatilizzavano nello stesso tempo l’umidità della forma, e la respingevano dagli sfogatoi del rivestimento di pietra sotto le forme di vapori impenetrabili. Siffatte nubi svolgevano le loro spire salendo verso lo zenit fino all’altezza di cinquecento tese. Qualche selvaggio, errante oltre i limiti dell’orizzonte, avrebbe potuto supporre la formazione