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128 | giulio verne |
da Barbicane, il pozzo, interamente rivestito della sua armatura di pietra, aveva raggiunto la profondità di novecento piedi. In fondo, l’opera muratoria posava sopra un cubo massiccio della grossezza di trenta piedi, mentre nella parte superiore era a livello del suolo.
Il presidente Barbicane ed i membri del Gun-Club fecero le loro sincere congratulazioni all’ingegnere Murchison; il lavoro ciclopico erasi compiuto con istraordinaria rapidità.
Nel corso di otto mesi Barbicane non lasciò un istante Stone’s-Hill; mentre seguiva da vicino le operazioni, il forastiere era in continua sollecitudine per i comodi e per la salute dei suoi lavoratori, e la fortuna gli accordò d’evitare contagi sì comuni nelle grandi agglomerazioni d’uomini e sì disastrosi nelle regioni del globo, esposte a tutte le influenze del tropico.
È pur vero che parecchi operai pagarono colla vita le imprudenze inerenti a lavori così pericolosi; ma siffatte deplorevoli sventure sono impossibili ad evitarsi, e del resto sono particolari cui gli Americani poco abbadano. Costoro si curano piuttosto dell’umanità in generale che dell’individuo in particolare. Ma Barbicane professava principî contrari e li applicava in ogni occasione. E però, per effetto delle sue cure, della sua intelligenza, del suo utile intervento nei casi difficili, nella sua prodigiosa e più che umana sagacia, la media delle catastrofi non superò quella dei paesi d’oltremare, citati pel loro lusso di precauzioni, e tra gli altri della Francia, dove contasi circa un caso disgraziato sopra dugentomila franchi di lavoro.