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118 | giulio verne |
dare avanti; chè quel paese sì fertile dispiacevagli per la sua stessa fertilità; senza essere altrimenti idroscopo, egli sentiva l’acqua sotto i suoi passi e cercava, ma invano, i segni di un’incontestabile aridità.
Intanto si andava innanzi; bisognò passare a guado diversi fiumi, e non senza qualche pericolo, perchè erano infestati da caiman lunghi da quindici a diciotto piedi. J. T. Maston li minacciò arditamente col suo terribile uncino, ma non giunse a spaventare che i pellicani, i pinguini e le querquedule, selvaggi abitatori di quelle rive, mentre i gran fenicotteri rossi stupidamente stavano a guardarlo.
Infine questi ospiti dei paesi umidi scomparvero a lor volta; alberi meno grossi venian diradandosi tra boschi meno folti; infine pochi gruppi isolati campeggiavano in mezzo a pianure interminabili dove passavano numerose torme di daini spaventati.
«Finalmente! esclamò Barbicane rizzandosi sulle staffe, ecco la regione dei pini!
- E quella dei selvaggi, rispose il maggiore.»
Infatti alcuni Seminoli apparivano all’orizzonte: essi agitavansi, correvano dall’uno all’altro sui loro rapidi cavalli come per abboccarsi, brandendo lunghe lance, o talvolta scaricando i loro fucili a detonazione sorda; del resto si limitarono a queste dimostrazioni ostili, senza disturbare nè Barbicane nè i suoi compagni.
Costoro occupavano allora il mezzo di una pianura rocciosa, vasto spazio scoperto, d’un’estensione di più acri, che il Sole inondava di raggi cocen-