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112 | giulio verne |
All’indomani i quattro compagni di viaggio arrivavano alla nuova Orleans. Quivi s’imbarcarono immediatamente sul Tampico, avviso della marina federale, che il governo metteva a loro disposizione, e, quando l’elice cominciò a girare, le rive della Luigiana disparvero in breve ai loro occhi.
La traversata non fu lunga; due giorni dopo la sua partenza, il Tampico, avendo percorso quattrocent’ottanta miglia, ebbe in vista la costa floridiana. Nell’avvicinarsele, Barbicane videsi dicontro ad una terra bassa, piana e d’aspetto sterile. Dopo aver costeggiato una sequela di seni, ricchi d’ortiche e di granchi, il Tampico entrò nella baia d’Espiritu-Santo.
Questa baia dividesi in due rade allungate, la rada di Tampa e la rada d’Hillisboro, il cui valico fu tosto passato dallo steamer. Poco tempo dopo, il forte Brooke disegnò le sue batterie rasenti al disopra delle onde, e la città di Tampa apparve, situata in fondo ad un piccolo porto naturale, formato dall’imboccatura della riviera Hillisboro.
Quivi ancorò il Tampico, il 22 ottobre a sette ore pomeridiane, e i quattro passeggeri sbarcarono immediatamente.
Barbicane sentì battere il cuore con violenza quando calcò il suolo floridiano: pareva che lo tastasse col piede, come fa un architetto di una casa della quale vuol provare la solidità. J. T. Maston raspava il suolo coll’estremità del suo uncino.
«Signori, disse allora Barbicane, non abbiamo tempo da perdere, e incominciando da domani monteremo a cavallo per riconoscere il paese.»