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26 le favole.


errori, che, tornato in sè, fece legge che nessuno asiatico beesse vino. E fu lasciato poi libere le viti co’ sua frutti.

(in margine)

Già il vino, entrato nello stomaco, comincia a bollire e sgonfiare; già V anima di quello comincia abbandonare il corpo; già si volta inverso il cielo, trova il celebro, cagio ne della divisione dal suo corpo; già lo comincia a contaminare e farlo furiare a modo di matto; già fa irriparabili errori, ammazzando i sua amici.

XLIV. — traccia.

Il vino, consumato da esso ubriaco, esso vino col bevitore si vendica.

XLV. — le fiamme e la caldaia.

(Frammento.)

Un poco di foco, che, in un piccolo carbone, in fra la tiepida cenere rimaso era, del poco omore, che in esso restava, carestosamente e poveramente se medesimo notrfa. Quando, la ministra della cucina^ per usare con quello l’ordinario suo cibario offizio, quivi apparve, e, poste le legne nel focolare — e, col solfanello già resuscitata d’esso, già quasi per morto, una piccola