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le favole. 23


XLIII. — leggenda del vino e di maometto.1

Trovandosi il vino, il divino licore dell’ uva, in una aurea e ricca tazza, sopra la tavola di Maumetto, e montato in gloria di tanto onore, subito fu assaltato da una contraria cogitazione, dicendo a se medesimo: —Che fo io? di che mi rallegro io? Non m’avvedo essere vicino alla mia morte e lasciare l’aurea abitazione della tazza, e entrare nelle brutte e fetide caverne del corpo umano, e lì trasmutarmi di odorifero e suave licore in brutta e trista orina? E non bastando tanto male, ch’io ancora debba sì lungamente giacere ne’ brutti ricettacoli coll’altra fetida e corrotta materia uscita dalle umane interiora? — Gridò inverso il cielo, chiedendo vendetta di tanto danno, e che si ponesse ormai fine a tanto dispregio; che, poichè quello paese producea le più belle e migliori uve di tutto l’altro mondo, che il meno elle non fussino in vino condotte. Allora Giove fece che il vino beuto da Maumetto elevò l’anima sua inverso il celebro,2 che lo lece matto, e partorì tanti

  1. La leggenda qui narrata da Leonardo non ha nessun fondamento storico, e si deve far risalire probabilmente al Tractato de U piu maravigliose cosse e piu notabile che si trovano in le parte del mondo, redute e col lede sotto brevità in el presente compendio dal strenuissimo cavalieri speron doro Johanne de Mandavilla. Milano, 1480. Folio g, 3 v°, opera che il Vinci stesso ricorda in una nota del Codice Atlantico: folio 207 r°. Per analoghe leggende si veda Prideaux, Life of Mahomet. Pag. 82 e seg.; A. D’Ancona, La leggenda di Maometto in Occidente. Giorn. Stor. d. Letteratura Italiana. Torino, 1897. Vol. XIII, pag. 238.
  2. cerebro, cervello.