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le favole. | 17 |
esse zucche cadere, e indarno vaneggiando
alquanti giorni in simile inganno, perchè la
bona e forte collegazione1 tal pensieri negava,
vedendo passare il vento, a quello
raccomandandosi, e quello soffiò forte. Allora
s’aperse il vecchio e voto gambo del
salice in due parti, insino alle sue radici, e,
caduto in due parti, indarno pianse se medesimo,
e conobbe, che era nato per non
aver mai bene.
XXVII. — l’aquila.
Volendo l’aquila schernire il gufo, rimase coll’ali impaniato, e fu dall’omo presa e morta.
XXVIII. — il ragno.
Il ragno, volendo pigliare la mosca con sue false reti, fu sopra quelle dal calabrone crudelmente morto.
XXIX. — il granchio.
Il granchio, stando sotto il sasso per pigliar i pesci, che sotto a quello entravano, venne la piena con rovinoso precipitamento di sassi, e, col loro rotolare, si fracellò tal granchio
- ↑ l’avviticchiarsi degli steli della zucca al salice.