Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
sono le conclusioni che il Vinci seppe trarre da questo e da simili fatti, ma le puerili credenze del tempo (cfr. Francesco Patrizzi, De antiquorum rethorica. Venezia, 1562) erano radicate cosi profondamente nell’anima dei ricercatori, che, perfino due secoli dopo, Antonio Vallisnieri (Opere fisico-mediche. Venezia, 1733, voi. II), riguardato come il padre della moderna scienza geologica, ne sa assai meno di lui intorno all’esistenza delle conchiglie fossili e intorno alla meccanica delle trasformazioni terrestri.
110 II problema della fine della vita nel mondo preoccupa, come può scorgersi dai frammenti LXXXVII e LXXXVIII, Leonardo da Vinci; ma ciò che è degno di considerazione è che egli, senza ricorrere ad una volontà extramondana, riguarda il finale dissolvimento degli esseri come una naturale conseguenza del successivo operare delle forze fisiche. Due opposte conclusioni si potevano trarre dal trasformarsi lento e continuo della superficie terrestre: nel corso dei secoli le acque si troveranno rinserrate nel fondo di voragini senza fine, per il lavorio dei fiumi che approfondiscono il proprio letto; nel corso dei secoli l’acqua circonderà in ogni sua parte la terra, per l’abbassarsi dei monti, in causa del dispogliamento del terreno, dovuto all’acqua. La prima ipotesi è toccata e combattuta da Aristotele nei Libri metheorologici, lib. II, cap. I, § 1. Cfr. lib. II, cap. I, § 1-17; entrambe sono espresse qui dal Vinci.</section end="110" />