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et acutissima; opere, che, smarrite durante il sacco di Roma (1527), ci hanno forse tolto un nuovo esempio di quella efficacia, che Leonardo da Vinci ebbe su alcuni matematici del tempo suo.
105 La legge affermata qui da Leonardo è quella stessa che il Galilei dichiarava nei Dialoghi delle scienze nuove (Opere, ed. Alberi. Voi. XIII, pag.177): scendendo un corpo in vari modi, deviato per obbliquità di rimbalzi, giunge al medesimo punto ch’egli avrebbe toccato, se vi fosse pervenuto senza altro impedimento: «Ogni movimento fatto dalla forza, scrive col suo stile limpido e conciso il Vinci, conviene che faccia tal corso, quanto e la proporzione della cosa mossa con quella che muove; e, se ella troverà resistente opposizione, finirà la lunghezza del suo debito viaggio per circolar moto o per altri vari risaltamenti e balzi, i quali, computato il tempo e il viaggio, fìa come se ’l corso fosse stato sanz’alcuna contraddizione.» Manoscritto A, folio 60 v°.
106 Leonardo accetta in questo frammento il principio che la visione si compia nell’interno dell’occhio, in un punto indivisibile o matematico. (Cfr. Vitellone, Optica edente Fred. Rixnero. Norimberga, 1535, libro ricordato jda Leonardo nel Codice Atlantico, folio 243 r° e folio 222 r°.) Fu piu tardi, nel progresso delle sue ottiche investigazioni, che egli giunse alla razionale convinzione dell’esistenza di una superficie sen-