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di Liguria, nè a quello là di Marsala. È il nostro bel mare, per tutto, ma qui ha trasparenze profonde, lontane, direi successive come i cieli di Dante. Forse ha senso di godimento sotto questo sole che gli penetra sin nel fondo; perchè in quest’ora di mezzodì ha quasi un’aria di infinita bontà. Mi fiderei di dire che vi si può camminare sopra a piedi asciutti, e a guardarlo m’entra nell’anima la soavità squisita di cose intese da fanciullo, i cieli, i laghi, le buone genti di Galilea.

Ma là, oltre quell’ultima linea che altrove par finire in un balzo pauroso alla fantasia, s’indovinano terre come queste e più deliziose. La Grecia non potè, non potrebbe essere che laggiù. Par di sentire un profumo d’antico e un suono da quella parte venuto in qua nell’aria, nell’acque; dolce oggi come allora quando Virgilio cantava gli amori dell’Alfeo e dell’Aretusa.